Pedagogia Teatrale

Il teatro come spazio educativo

La pedagogia teatrale nasce dall’incontro tra arte scenica e relazione educativa. Non ha come obiettivo la performance, ma la trasformazione dell’essere umano: nella sua capacità di sentire, comprendere, agire nel mondo.
In questa visione, il teatro non è un fine, ma un mezzo vivo per educare.

Il nostro approccio si fonda sulla metodologia pedagogica e artistica di Jurij Alschitz, regista e pedagogo russo, tra i più importanti innovatori della pedagogia teatrale contemporanea. Dalla sua ricerca ereditiamo l’idea che l’attore è prima di tutto un essere umano in trasformazione, e che ogni processo artistico è un atto di conoscenza profonda, individuale e collettiva.
I suoi strumenti, il lavoro sulla soglia, la pedagogia delle domande, la struttura molecolare del testo, la verticalità del processo, sono per noi pratiche quotidiane, che si adattano al contesto educativo, scolastico, sociale.

Attraverso questa lente, il laboratorio teatrale diventa un ambiente di esplorazione e consapevolezza, dove i ragazzi e gli adulti possono allenare attenzione, ascolto, presenza, relazione, autonomia.

Dove si sviluppa la pedagogia teatrale.

La pedagogia teatrale prende forma in diversi contesti educativi e sociali:
nelle scuole, per promuovere nei ragazzi pensiero critico, alfabetizzazione emotiva, consapevolezza di sé e del gruppo.

Nelle carceri, come spazio di riconnessione, riscatto, ricostruzione della narrazione personale; nei centri di accoglienza, dove il teatro aiuta a dare voce a esperienze marginali o interrotte; nei servizi socio-sanitari, come pratica di cura non clinica, che agisce sull’identità e sulla relazione; nella formazione di insegnanti, educatori e operatori, come strumento per leggere la complessità, attivare processi di crescita, uscire dagli automatismi, nei centri giovanili, per contrastare il disagio e promuovere spazi sicuri di espressione autentica.

Progetti come Oltre il Muro o Emersioni, attivati all’interno delle scuole e della casa circondariale di Chieti, integrano il linguaggio performativo con un percorso laboratoriale strutturato.
L’obiettivo è restituire al teatro la sua originaria funzione formativa e civile, riattivando la dimensione collettiva del rito scenico.

Come nella polis antica, l’evento teatrale si configura come uno spazio di riflessione condivisa, in cui interrogare criticamente i temi del presente attraverso l’esperienza artistica.
In un tempo che chiede performance e velocità, la pedagogia teatrale offre un altro ritmo: un esercizio concreto di presenza e relazione, che valorizza l’individuo dentro l’ensemble, rafforzando la libertà e il senso di appartenenza.

La scena non è solo un luogo per attori: è un campo d’esperienza dove ognuno può esercitare lo sguardo, il gesto, l’incontro. Un laboratorio per stare meglio al mondo.

Pedagogia Teatrale

Il teatro come spazio educativo

La pedagogia teatrale nasce dall’incontro tra arte scenica e relazione educativa. Non ha come obiettivo la performance, ma la trasformazione dell’essere umano: nella sua capacità di sentire, comprendere, agire nel mondo.
In questa visione, il teatro non è un fine, ma un mezzo vivo per educare.

Il nostro approccio si fonda sulla metodologia pedagogica e artistica di Jurij Alschitz, regista e pedagogo russo, tra i più importanti innovatori della pedagogia teatrale contemporanea. Dalla sua ricerca ereditiamo l’idea che l’attore è prima di tutto un essere umano in trasformazione, e che ogni processo artistico è un atto di conoscenza profonda, individuale e collettiva.
I suoi strumenti, il lavoro sulla soglia, la pedagogia delle domande, la struttura molecolare del testo, la verticalità del processo, sono per noi pratiche quotidiane, che si adattano al contesto educativo, scolastico, sociale.

Attraverso questa lente, il laboratorio teatrale diventa un ambiente di esplorazione e consapevolezza, dove i ragazzi e gli adulti possono allenare attenzione, ascolto, presenza, relazione, autonomia.

Dove si sviluppa la pedagogia teatrale.

La pedagogia teatrale prende forma in diversi contesti educativi e sociali:
nelle scuole, per promuovere nei ragazzi pensiero critico, alfabetizzazione emotiva, consapevolezza di sé e del gruppo.

Nelle carceri, come spazio di riconnessione, riscatto, ricostruzione della narrazione personale; nei centri di accoglienza, dove il teatro aiuta a dare voce a esperienze marginali o interrotte; nei servizi socio-sanitari, come pratica di cura non clinica, che agisce sull’identità e sulla relazione; nella formazione di insegnanti, educatori e operatori, come strumento per leggere la complessità, attivare processi di crescita, uscire dagli automatismi, nei centri giovanili, per contrastare il disagio e promuovere spazi sicuri di espressione autentica.

Progetti come Oltre il Muro o Emersioni, attivati all’interno delle scuole e della casa circondariale di Chieti, integrano il linguaggio performativo con un percorso laboratoriale strutturato.
L’obiettivo è restituire al teatro la sua originaria funzione formativa e civile, riattivando la dimensione collettiva del rito scenico.

Come nella polis antica, l’evento teatrale si configura come uno spazio di riflessione condivisa, in cui interrogare criticamente i temi del presente attraverso l’esperienza artistica.
In un tempo che chiede performance e velocità, la pedagogia teatrale offre un altro ritmo: un esercizio concreto di presenza e relazione, che valorizza l’individuo dentro l’ensemble, rafforzando la libertà e il senso di appartenenza.

La scena non è solo un luogo per attori: è un campo d’esperienza dove ognuno può esercitare lo sguardo, il gesto, l’incontro. Un laboratorio per stare meglio al mondo.

Emersioni

Oltre il muro